Per tutti quelli che il voto il voto

Vi tranquillizzo, basterà aspettare tre mesetti. Altro che 2018, oltre quelli non si andrà.

Premetto che condivido per larga parte le riflessioni di Luca Sofri e Francesco Costa. L’unica ragione possibile per non opporsi troppo a questa svolta repentina e, se vogliamo, un po’ crudele (alcuni hanno usato la metafora cruenta della giraffa di Copenhagen) è che siamo tornati in equilibrio: il partito di maggioranza, il Pd, esprimerà il presidente del Consiglio senza malintese contraddizioni, visto che il segretario ora non dovrà più confrontare la sua linea (peraltro inascoltato) con l’ex vicesegretario. Ovvero con il fu numero due di un partito scomparso da molti mesi.

Quindi, niente più scuse. Niente più reti, paracadute o quel che volete.

Se Matteo Renzi non dovesse convincere e fallisse nell’impresa (riforma elettorale, almeno; magari abolizione del Senato, delle nomine dietro l’angolo non dico perché di quelle il popolo sovrano nulla capisce e nulla sa) sarà il diluvio. Alle Europee.

Manca poco.

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