Da Nash a Fedro, tutto in una notte (di Eurosummit)

Ho finalmente avuto tempo di leggere il documento finale prodotto dalla maratona dell’Eurosummit. Non ci sono dubbi, per la politica e il popolo greco si prospetta un impegno improbo. Mi sono chiesto se una serie di obbiettivi a così breve scadenza, indispensabili anche solo per cominciare a pensare di parlare di soldi in prestito (in euroburocratese: per adottare “una decisione volta a conferire alle istituzioni il mandato di negoziare un memorandum d’intesa”), non siano stati messi a punto per mettere ancor più in difficoltà (anche politicamente) la controparte. Certamente corresponsabile del naufragio dell’economia greca, ma già significativamente messa all’angolo dalle precedenti proposte delle istituzioni europee.

Questa volta si è andati oltre. C’è la pretesa di far passare entro 9 giorni una contestata riforma del codice di procedura civile. Si impone consultare Commissione Europea, Bce e Fmi “con adeguato anticipo” prima di sottoporre una qualunque progetto legislativo in un “settore rilevante” alla “consultazione pubblica o al Parlamento”.

Oppure ancora, una spanna su tutto il resto, ecco la creazione di un fondo nel quale dovrebbero essere conferite, anche grazie alle privatizzazioni, “le attività greche di valore” fino a “generare” 50 miliardi di euro (nel piano dei creditori di giugno si parlava di soli 22 miliardi entro il 2022…). Scopo: rimborsare la ricapitalizzazione delle banche, ridurre il rapporto debito/Pil, effettuare investimenti.

Un fondo gestito dai greci, c’è scritto così, ma sotto stretta sorveglianza delle “pertinenti istituzioni europee”. Bisognerà, a questo proposito attendere che siano messe nero su bianco condizioni e tecnicalità per capire se è davvero tramontata la proposta avanzata dal ministro delle Finanze tedesco, Schäuble, durante l’Eurogruppo che ha preceduto il Vertice euro: utilizzare un fondo già esistente, basato in Lussemburgo e partecipato oltre che dal governo di Atene anche dalla KfW.

Quest’ultima è la Banca per la Ricostruzione tedesca, nata ai tempi del Piano Marshall e oggi braccio operativo del governo federale di Berlino (che ne possiede l’80%, contro il 20% dei Länder) in operazioni di finanziamento (fuori bilancio) per lo sviluppo delle piccole e medie imprese e per progetti infrastrutturali. Presidente del consiglio di sorveglianza: proprio lui, Schäuble. E qui ci si potrebbe dilungare sull’opportunità di un’idea del genere, ma non intendo discutere dell’ovvio.

Quel che più importa è che tutta questa vicenda ha assunto con il passare dei mesi il sapore della sfida fra perdenti, se è vero come è vero che per il nuovo programma di prestiti ad Atene serviranno quasi 90 miliardi di euro. Il punto è che uno dei due perdenti, tale perché consapevole che in caso di uscita della Grecia dall’area euro l’avventura della moneta unica avrebbe (mica è chiusa, la faccenda) serie chance di volgere al termine, non aspettava che il momento migliore per fare pagare caro all’altro settimane di stop and go snervanti. Oltre che un referendum tanto privo di senso quanto contraddittorio: dopo il no popolare a un piano dei creditori che non esisteva più il premier Tsipras (che per il no si era battuto) e il nuovo ministro delle finanze, Tsakalotos, hanno dovuto accettare condizioni ancora più pesanti.

Così dalle raffinate dissertazioni su Nash e la Teoria dei giochi, di cui è passato per grande esperto il defenestrato e discusso ex ministro Yanis Varoufakis, siamo stati riportati a un immaginario ben più alla portata di noi tutti.

Questo:

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Ora, indovinate chi è la cicogna e chi la volpe. No, non è difficile.

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